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Difesa Sindacale

LA COMPONENTE ANARCHICA NELLA
CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA
DEL LAVORO (1944 - 1960)

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Comunisti Anarchici e Libertari in CGIL n. 52 marzo 2020

 

A fronteggiare l’insorgere e il diffondersi del virus c’è

la sanità pubblica

Prima di iniziare la necessaria e urgente riflessione sulla vicenda dell’epidemia di COVID-19, assurto alle cronache come“corona virus”, riflessione che ci riserviamo di effettuare con completezza nelle sue implicazioni politiche e sindacali, è necessaria una breve premessa. Senza entrare nel merito della così detta epidemia e delle sue complessità, è interessante notare che in prima linea per fronteggiare l’insorgere e il diffondersi del virus c’è la sanità pubblica, con tutte le sue strutture centrali e periferiche, con il suo personale medico, paramedico, ausiliario, tecnico e amministrativo, a tempo indeterminato e precario, comunque impegnato con spirito di abnegazione e con risorse limitate dai molteplici tagli al sistema sanitario, già sconvolto dai processi di privatizzazione che ne hanno ridotto l’efficienza: la sanità privata è semplicemente assente perché non è finalizzata alla pubblica utilità ma solo ed esclusivamente alla realizzazione del profitto. E’ questa una caratteristica che assume un profondo valore strategico e che dovrebbe essere recepita in primo luogo dalle forze di resistenza del movimento sindacale le quali, anziché impegnarsi contro il taglio dei parlamentari dovrebbero superare la complice subalternità ai processi di privatizzazione, contrastandoli efficacemente con una vertenza unitaria e di massa per la difesa e il rilancio dello stato sociale.

Difesa Sindacale

lavoratrici in lotta


Solidarietà alle lavoratrici della Piaggio dalle compagne e compagni di “Difesa Sindacale”.

Una vertenza che meglio di tanti studi fa comprendere i guasti che la precarizzazione del lavoro ha determinato in questi decenni in cui anche i sindacati confederali hanno fatto propria la centralità dell'impresa. Per queste lavoratrici vi è una unica soluzione possibile: l'assunzione a tempo indeterminato.

Sul palazzo blu di Pontedera ci sono lavoratrici in Lotta

Sono ormai più di 20 giorni che le ex lavoratrici precarie della Piaggio sostenute dal Sindacato USB hanno occupato il tetto del palazzo blu di Pontedera per denunciare il loro licenziamento .

Stiamo parlando di lavoratrici donne che da più di 15 anni lavoravano come stagionali per la multinazionale di Pontedera e che la Piaggio stessa ha pensato bene di sostituire con altre lavoratrici nascondendosi dietro alla scusa che il decreto dignità del Governo Lega-5 stelle non gli permetteva di riassumerle.

In questa vertenza stanno emergendo 2 fattori principali, il primo è la determinazione con cui madri di famiglia non vogliono abbassare la testa di fronte all'ennesimo attacco padronale e che vogliono conquistare con tutti i mezzi a loro disposizione ciò che gli spetta e che in questi anni hanno sudato per mantenerlo, ovvero il posto di lavoro.
Dall'altra, emerge come la libertà di impresa di un azienda oggi, con la complicita di governi compiacenti, può trattare i lavoratori e le lavoratrici come numeri calpestando la dignità e trattando esseri umani come numeri. Va denunciato con fermezza quindi il tentativo vile da parte della Piaggio di voler contrapporre le nuove assunte con le ex dipendenti in lotta cercando di alimentare il conflitto interno alla classe tra le lavoratrici stesse.

La determinazione di queste lavoratrici non è passata inosservata, da molte parti d'Italia sono arrivati comunicati di solidarietà e molti lavoratori della valdera si sono recati personalmente a mostrare loro vicinanza e sostegno.

Le istituzioni giorno dopo giorno hanno capito che non c'era nessuna voglia di resa e quindi per volontà o per obbligo si sono interessate, sia il Sindaco di Pontedera che il Presidente della Ragione si sono impegnati per far sì che il Ministero del lavoro convocasse l'azienda e le parti sindacali al fine di giungere ad una soluzione che prevede il reintegro delle lavoratrici.

Per questo nella giornata di giovedì 5 Marzo presso il Ministero del Lavoro si è svolto un incontro per trovare una soluzione che permettesse alle lavoratrici di ritornare al loro posto di lavoro non più come precarie ma come lavoratrici stagionali a tempo indeterminato, ma da questa riunione sono arrivati solo impegni generici e pertanto la lotta continua.

Valerio Melotti – Filcams CCIL Livorno

La solidarietà dei delegati sindacali AG Fiom Pisa

21 febbraio

Da una settimana un gruppo di lavoratrici stagionali ex-Piaggio sta sul tetto del Palazzo Blu, proprio davanti lo stabilimento Piaggio di Pontedera, per rivendicare il loro diritto al posto di lavoro dopo essere state sfruttate per anni dall’azienda per sopperire al picco di lavoro precedente la stagione estiva.
L’anno scorso e quest’anno Piaggio non le ha richiamate, utilizzando a pretesto il decreto dignità, sostituendole con altri lavoratori interinali ed evitando la stabilizzazione prevista per loro dal decreto dignità e, ancor prima, dall’accordo integrativo del 2009.

Tutto questo considerando che Piaggio negli ultimi anni sta ottenendo profitti crescenti – l’utile netto nel 2019 pari a 46 milioni di euro è cresciuto del 26,7% – a fronte anche di un ricorso massivo alla cassa integrazione e ad altri ammortizzatori sociali, che riducono per l’azienda il costo del lavoro a spese della collettività.

Siamo a fianco di queste lavoratrici che stanno portando avanti una battaglia di dignità e per il lavoro che è esempio per tutte e tutti.

Altrettanto dovrebbe fare la Fiom provinciale, proprio “perché non può passare e non deve essere che un lavoratore per avere riconosciuti i suoi diritti deve incatenarsi o salire su un tetto”: invece di attaccare e reprimere chi sta a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori rivendicandone quotidianamente i diritti, meglio sarebbe che si prodigasse come sindacato rivendicativo avendo a riferimento le lavoratrici e i lavoratori e i loro interessi e diritti.

Giusi Di Pietro, Daniele Caboni, Riccardo Brogi (AG FIOM Pisa)


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21 FEBBRAIO 2020

SCIOPERO ADDETTI SETTORE LEGNO ARREDO

INDUSTRIA MANIFESTAZIONI NAZIONALI DI PESARO

non è possibile barattare lavoro precario e flessibilità dell'orario per un piccolo aumento salariale, è necessario contrastare la loro politica industriale e l'idea che hanno del lavoro.

A marzo 2019 è scaduto il CCNL per i dipendenti del settore legno arredo industria, un settore che coinvolge circa 160000 addetti in tutto il territorio nazionale e che per la provincia di Pesaro Urbino è ancora il settore che caratterizza il distretto industriale provinciale.Da subito lo scontro è stato forte, da una parte la piattaforma sindacale che mette al centro il salario con richieste (tra le altre) di aumenti mensili superiori al recupero inflattivo e di riduzione dell'orario di lavoro annuale, dall'altra Federlegno che fin dal primo momento ha posto, in modo arrogante, il contenimento dei costi del lavoro, la gestione unilaterale dell'orario di lavoro e l'aumento della precarietà. Ormai da tempo i padroni sostengono che la ripresa e lo sviluppo delle aziende deve passare da queste direttrici, riduzione dei costi e gestione unilaterale del mercato del lavoro (contratti e orario) per limitare il ruolo delle RSU nelle aziende e non trovare ostacoli. La trattativa, molto difficile, è continuata per otto mesi fino a quando Federlegno ha deciso di interromperla perché non soddisfatta delle nostre risposte. In questi mesi nelle assemblee abbiamo sempre sottolineato una cosa: non è possibile barattare lavoro precario e flessibilità dell'orario per un piccolo aumento salariale, è necessario contrastare la loro politica industriale e l'idea che hanno del lavoro. La flessibilità dell'orario di lavoro, l'obbligatorietà a lavorare di sabato, sono sempre stati argomenti che hanno unito nella lotta, come il contrasto alla precarietà sia in termini di solidarietà verso chi viene assunto che in termini di riduzione generale dei diritti in un luogo di lavoro. Nel nostro settore si sta misurando lo scontro su due modelli di lavoro diversi, probabilmente è ciò che si presenterà anche nel tavolo della trattativa dei metalmeccanici, ed è per questo che oggi lottare ha un senso ancora più profondo del semplice rinnovo contrattuale e che la lotta che adesso è dei lavoratori di un piccolo settore domani potrebbe essere la lotta di tutte e tutti. Su questa spinta è stato organizzato da Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil lo sciopero nazionale del 21 febbraio 2020. Sciopero con 4 manifestazioni nazionali: Una a Milano per le regioni del nord, una a Treviso per il distretto del nord-est, una a Bari per il sud e le isole e una a Pesaro per le regioni del centro: Toscana, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo e Molise. A Pesaro il 21 febbraio si sono radunate per il corteo circa 4000 persone. Lavoratori e lavoratori di grandi e piccole aziende di tutte le regioni interessate. E' stato un corteo sindacale importante che ha sfilato per le vie del centro città fino ad arrivare alla Piazza del Popolo, un corteo che ha riempito la piazza che il giorno prima aveva visto la presenza di Salvini, una piazza che quel giorno ha urlato parole come dignità, diritti e salario. Negli anni in cui la crisi ha aumentato l'individualismo, ha ridotto gli spazi e la capacità di mobilitazione e per il sindacato ha aumentato le difficoltà ha rappresentare gli interessi dei lavoratori, questa manifestazione ha dimostrato invece che qualcosa sta cambiando. Oltre al fermo quasi totale di tante fabbriche, registrare la partecipazione di lavoratori deboli come quelli delle agenzie interinali (che hanno aderito allo sciopero del settore), di dipendenti di quelle aziende dove non si riescono neanche a fare le assemblee sindacali, la partecipazione di tanti impiegati, sono tutti segnali che qualcosa sta cambiando. Ci deve far riflettere sulla necessità sempre maggiore dell'unità di lavoratrici e lavoratori, sul bisogno di un sindacato forte che ne rappresenti gli interessi. Sul fatto che i temi come la stabilità del contratto di lavoro, il salario, l'organizzazione dell'orario di lavoro e il ruolo attivo della RSU aziendale sono temi cari e per i quali si lotta e si scende in piazza. Solo con l'unità di lavoratrici e lavoratori, solo con la loro mobilitazione e con il loro protagonismo nelle trattative sindacali possiamo guadagnare salario e diritti. Da questa piazza dobbiamo ripartire con più slancio di prima, con tanta responsabilità ma anche con consapevolezza, oggi è il rinnovo del contratto nazionale de settore del legno-arredo industria, domani sarà quello di settori più grandi: lo scontro è sempre lo stesso e la mobilitazione dovrà essere sempre più grande.

Giuseppe Lograno - Segretario Generale Fillea di Pesaro


Intervento di un nostro compagno all'iniziativa del 21 gennaio 2020 “Salario e Diritti” per il rilancio di una Sinistra Sindacale unitaria in Cgil.

iniziativa 21

Compagni, compagne vedo una bella presenza in sala e di questo sono felice essendo tra gli organizzatori dell’iniziativa qui a Livorno. Vorrei iniziare questo intervento partendo dalle parole che diceva il segretario della Camera del Lavoro di Livorno: “non ci accontentiamo delle briciole”. Aggiungerei: non ci accontentiamo delle briciole; non solo vogliamo il pane, ma come si diceva, vogliamo il pane e le rose, perché occorre rivendicare una dignità per i lavoratori e le lavoratrici all’interno della nostra società. Come diceva un vecchio internazionalista anarchico del secolo scorso, Enrico Malatesta, la rivoluzione si fa a pancia piena e questo non significa dire una banalità, significa in realtà mettere i piedi a terra sulla materialità delle questioni, significa sapere che la società, il mondo del lavoro si cambia, si riesce a cambiare se diamo delle risposte. Noi possiamo agitare i valori, ed è giusto farlo, possiamo andare nelle scuole a parlare agli studenti dei valori delle lotte operaie, della nostra Costituzione, ma se questi valori non riusciamo a coniugarli con il soddisfacimento dei bisogni diventano carta straccia ed è purtroppo la storia di questi 20 – 30 anni che abbiamo alle spalle, perché la storia di questi 20 – 30 anni che abbiamo alle spalle è una storia di sconfitte, compagni. Bisogna dirselo con estrema chiarezza. Qualcuno ricordava, il pacchetto TREU che è del 1997, ma potremmo risalire molto più indietro compagni, potremmo risalire alla fine degli anni ’70 dove si incomincia a erodere quello che negli anni precedenti avevamo conquistato. Io amo spesso chiedere ai compagni qual è stata l’ultima grande vittoria che possiamo vantare; le risposte sono le più diverse, e molte ricordano anche momenti importanti, ma per lo più sono momenti difensivi. Qualcuno ricorda la grande manifestazione di Roma con Cofferati, che comunque risale al 2002. Certo compagni fu grande, maestosa, riuscimmo a bloccare l’articolo 18 che Berlusconi ci voleva scippare dalle mani, ma fu una battaglia difensiva quella, non fu una battaglia acquisitiva, non portammo a casa nulla che già non avevamo, l’ultima battaglia vera, reale che noi abbiamo vinto è stato il punto unico della contingenza del 1975, è una era fa! Non un epoca, è una era fa, ed allora si tratta di ricucire questo nastro, di provare a ripercorrere a ritroso questi passaggi in cui abbiamo lasciato sul terreno diritti e salario. Qui dopo di me anche altri solleveranno questioni, evocheranno problemi, ma la CGIL non può essere il sindacato che evoca i problemi, che evoca gli scioperi generali, già la Susanna Camusso nel suo mandato ha evocato decine di volte lo sciopero generale, ma lo sciopero generale si costruisce piano, piano, nel rapporto con i lavoratori, ma su cosa… su cosa si costruisce il rapporto con i lavoratori? Non sulle “chiacchiere”, si costruisce con i “fatti” e i fatti con cui bisogna rapportarci ai lavoratori devono essere pochi, chiari, comprensibili. Ed allora noi oggi abbiamo due grandi problemi davanti a noi, uno è il salario e l’altro è l’orario di lavoro. Occorre rilanciare una forte battaglia salariale che sposti la ricchezza dal capitale al lavoro, non ci può assolutamente accontentare l’ultima mancia che ci viene dal Governo, la apprezziamo, sono soldi che arrivano ai lavoratori, 3 miliardi, benissimo, li mettiamo in tasca ai lavoratori, ma non ci basta, ma non solo non ci basta: è stato un passaggio sbagliato compagni! Perché io che sono dello SPI e sento di parlare anche a nome dei compagni dello SPI e dei pensionati, noi questa manovra non la possiamo minimamente accettare, i pensionati non possono essere il bancomat dello Stato, ma non possono essere neanche il bancomat della CGIL! Occorre dare una risposta ai pensionati, in termini di rivalutazione in termine di riaggancio della dinamica pensionistica ai salari, questo è quello che ci aspettavamo perché ci sono problemi di reddito e ci sono problemi legati all’età che hanno i pensionati. In Italia compagni vi sono circa 3 milioni di persone over 65 che hanno problemi di disabilità, e questo significa che intorno a queste disabilità ci sono circa 8/9 milioni di cittadini coinvolti nelle cure intorno a chi è portatore di disabilità. A queste cose noi pensavamo bisognasse dare una risposta attraverso la manovra fiscale, perché questo aumento salariale che è venuto dal Governo compagni ce lo autofinanziamo noi, perché le tasse in Italia sono pagate all’80% dal lavoro dipendente, questa è la realtà vera, quindi questa manovra di aumento salariale è autofinanziata dai lavoratori stessi. Occorre porre con forza un problema di revisione complessiva del prelievo fiscale in Italia, noi facciamo un gran chiacchierare, anche noi in CGIL, contro la flat tax che la destra ha paventato in questi anni, ma la flat tax c’è già, perché la tassazione delle imprese in questi anni non solo non è progressiva ma è scesa dal 33% al 27% e attualmente è al 24%, i redditi da capitale sono tassati al 12.5% e la locazione degli immobili è da anni sottratta alla progressività dell'imposta con la cedolare secca. Chiudo visto che il tempo è finito, io credo che bisogna concentrare l’iniziativa nostra del Sindacato su alcuni obiettivi, pochi, chiari, precisi. Salario, una vertenza salariale che individua la controparte che è il Padronato perché in questi anni vi è stato un drenaggio di ricchezze da lavoro al capitale, occorre questa ricchezza redistribuirla. Sull’orario di lavoro il ragionamento sarebbe lungo, ma il tempo è tiranno, la dico con una battuta, l’ultimo accordo sulla riduzione dell’orario di lavoro compagni risale ai primi anni 70, si arrivò alle 40 ore nel giro degli anni ‘72 – ‘73, anche qui stiamo parlando di un’era passata. Nel frattempo la produttività è aumentata, la tecnologia è aumentata, vi sono tutte le condizioni materiali ed economiche per rivendicare una sostanziale riduzione dell’orario di lavoro a parità di paga.

Carmine Valente – SPI Cgil Livorno

Quando il mondo accademico è asservito al padrone.

2 Marzo

QUANDO UN “EDUCATORE” ATTACCA MAGISTRATURA E LAVORATORI MORTI

Dopo il tragico disastro ferroviario di Livraga, dove hanno perso la vita due nostri compagni di lavoro, abbiamo letto con stupore un’intervista a Roberto Zucchetti, docente di una nota università italiana.
Il professore si è scagliato con ingiustificato livore contro la generalità dei macchinisti e contro la magistratura.
“La presenza del secondo macchinista è richiesta solo da alcune frange conservatrici della magistratura, talvolta facile nello scagliare avvisi di garanzia. La stessa magistratura che sulla base di un teorema ha condannato con una sentenza stupefacente Mauro Moretti per la strage di Viareggio“.
Pontificare dalle colonne di un giornale su argomenti profondamente complessi, come l’organizzazione del delicato lavoro dei macchinisti, etichettando i magistrati che se ne occupano come “frange” e commentare l'esito di un processo penale come quello per la strage di Viareggio, definendolo “stupefacente” è un approccio decisamente fuori luogo, ai limiti dell’arroganza. Questo procedimento, di enorme complessità tecnica e giuridica, è durato dieci anni e oltre cento udienze, con il coinvolgimento di decine e decine di avvocati, consulenti e numerosi magistrati; come può ‘il ‘professore’ liquidarlo con tanta faciloneria e disprezzo ? Non si tratta infatti di una critica motivata e ragionata – pur se da un punto di vista padronale e reazionario - all’organizzazione del lavoro degli equipaggi e alla sentenza di Viareggio (chissà perché associate nella risposta), utile alla riflessione e al dibattito, ma di affermazioni pubbliche inaccettabili, non supportate da alcun ragionamento e segnate da una cinica ideologia filo imprenditoriale, livide e gonfie di disprezzo verso l’essere umano.
Da un docente ci si aspetta che prepari i propri studenti e quanti ne seguono le esternazioni sulla stampa, al ragionamento e alla riflessione, non soltanto su materie specifiche ma anche ai valori etici, al rispetto dello Stato, delle Istituzioni e delle persone; nel caso si parlava di un disastro ferroviario con 32 persone bruciate vive che ha segnato l’intera opinione pubblica e di due lavoratori morti appena da poche ore. Alla sua affermazione sulla presenza del secondo macchinista rispondiamo che quello che dice non ha un senso ed è contro la logica, ma a favore solo del profitto delle imprese che tagliando un macchinista hanno dimezzato i costi degli equipaggi senza trovare soluzioni adeguate al “nuovo rischio”.
Incuranti della potenziale pericolosità che, il sistema di “pronto soccorso” adottato dalle aziende nel caso in cui quell’unico macchinista venisse colto da malore, può avere anche sulla salute e sicurezza dei viaggiatori, utenti o clienti che dir si voglia.
La sentenza, al contrario della sua affermazione gratuita e sprezzante sulla magistratura, segna invece una svolta storica – auspichiamo definitiva – sul principio delle responsabilità dell’intera catena di comando aziendale per la strage di Viareggio, uno dei più gravi incidenti ferroviari della storia nazionale: responsabilità e condanne non più riservate al solo operaio, ultimo anello della catena produttiva ma anche ai titolari delle scelte organizzative e di processo.
E forse perché appartenente alla stessa scuola di pensiero dell’ex ministro Delrio, si lamenta “solo” della condanna di Moretti e non degli altri numerosi imputati, evidentemente da ritenere al contrario, “giustamente” colpevoli.
Ci viene il dubbio che ai suoi studenti, molti dei quali destinati a diventare classe dirigente di questo paese, volesse insegnare “fin da piccoli” anche con queste esternazioni extra scolastiche a gestire con ferocia verbale i rapporti sociali considerando come subalterni sia i lavoratori che la stessa magistratura.
Ed ancora il Professore in merito ai macchinisti presenti su un treno afferma che se, in applicazione del suo pensiero, il Frecciarossa deragliato giovedì 6 febbraio 2020 scorso avesse avuto un solo macchinista in cabina, “oggi piangeremmo solo una vita umana“ (ipersemplificando il concetto con il quale affermava che la sicurezza con un solo macchinista è identica all’equipaggio con doppio macchinista).
Anche qui rispondiamo che se il treno fosse stato telecomandato e senza viaggiatori non ci sarebbero stati né morti né feriti. Nell’attesa che i treni si muovano da soli – anzi, in attesa del teletrasporto delle persone via radio e dell'istruzione universitaria mediante un chip da installare sugli studenti per tagliare anche il costo di anziani e obsoleti professori reazionari - noi continueremo a difendere sia il diritto alla mobilità che la sicurezza e la dignità di chi sui treni ci viaggia e ci lavora. L’incidente di Livraga ha riportato alla luce il tema della sicurezza ferroviaria in un ambito, come l’Alta Velocità, in cui si “garantiva” – come per il Titanic, anch’esso “tecnologia all’avanguardia”, ritenuto inaffondabile - che tutto fosse perfetto e invece la mattina del 6 febbraio il paese Italia si è svegliato più fragile.
Il vero “Tallone D’Achille” della sicurezza è l’arroganza dei tecnocrati messa al servizio del profitto.
Un’analisi seria e responsabile non può e non deve prescindere dal potenziale numero di vittime che potevano esserci nella sola carrozza di testa coinvolta dallo svio; oltre a Mario e Guseppe, potevano esserci 12 viaggiatori VIP (visto il prezzo dei biglietti dei salottini, inaccessibili ai più) e almeno altri tre lavoratori, per un totale di 16 potenziali vittime.
Da un educatore ci si aspetterebbe, invece di un attacco irriguardoso a magistratura e lavoratori, una critica motivata a chi perseguendo freddi obiettivi economici, - pur avendone l’obbligo – non garantisce “in concreto” il diritto alla mobilità in assoluta sicurezza dei lavoratori, dei viaggiatori e di tutta la cittadinanza.

Primi firmatari:
Luciano Ciriello, Mauro Colombera, Dante De Angelis, Livio Dezzutto, Roberto Favretto, Gianluca Fortunati, Clemente Garruto, Giovanni Gigantino, Giuseppe Grillo, Daniele Ignazzi, Ettore Lanzino, Mirko Lo Giudice, Giuseppe Lorusso, Domenico Maimone, Gaetano Maiorano, Maurizio Mingaroni, Agostino Nicoletta, Andrea Paolini, Fabio Riberti, Roberto Santi, Pasquale Terracciano, Roberto Testa

Ferrovieri ed ex Ferrovieri impegnati a Tutela della Sicurezza