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Convegno 2 aprile '11  

MEMORIA

Quaderni di Difesa Sindacale

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Difesa Sindacale

LA COMPONENTE ANARCHICA NELLA
CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA
DEL LAVORO (1944 - 1960)

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Comunisti Anarchici e Libertari in CGIL n. 37 Luglio 2016

Comunisti Anarchici e Libertari in CGIL n. 37 Luglio 2016

FRANCIA: IL PUNTO SULLA LOTTA CONTRO LA “LOI TRAVAIL”

La lotta contro la “Loi Travail” da parte dei lavoratori e delle lavoratrici francesi, dei giovani, degli studenti, iniziata nel marzo di questo anno e continuata per quattro mesi attraverso scioperi e manifestazioni, deve adesso affrontare una nuova fase dopo l'approvazione della legge da parte dell'Assemblea Nazionale. L'ultima mobilitazione, la dodicesima, era stata indetta lo scorso 5 luglio in concomitanza con il dibattito parlamentare sulla contestata controriforma del lavoro fatta per facilitare i licenziamenti, ridurre i ricorsi davanti al giudice, aumentare la precarietà e la flessibilità delle lavoratrici e dei lavoratori (1). Le manifestazioni del 5 Luglio erano state convocate dalle organizzazioni sindacali e degli studenti CGT, FO, FSU, Solidaires, UNEF, UNL, FIDL (2), ed il Governo Valls – in grande difficoltà fuori e dentro il parlamento - è ricorso nuovamente all'articolo 49.3 della Costituzione che permette in casi eccezionali di applicare la legge senza il voto in aula, salvo la presentazione di una o più mozioni di sfiducia entro le 24 ore successive. L'articolo 49.3 era già stato utilizzato a maggio come scorciatoia da parte del governo per evitare il voto in aula, ma le modifiche apportate alla fine di giugno dal Senato (con i voti determinanti della destra, che detiene la maggioranza nella Camera alta, che rendevano questa legge fortemente voluta dal governo a guida socialista ancora più favorevole alle imprese) avevano rinviato il testo in Assemblea Nazionale. La “Loi Travail” ora approvata è quella che, rispetto al testo iniziale presentato a febbraio, era stata modificata in alcuni punti (lavori usuranti, formazione, mutue, qualifiche); modifiche ritenute soddisfacenti dal sindacato CFDT (3) ma non dalle altre organizzazioni sindacali e da quelle degli studenti che invece avevano continuato la mobilitazione e la lotta. Il Governo ha infatti rifiutato di cambiare la filosofia di fondo della legge, ed in particolare l'articolo 2 che prevede una priorità degli accordi aziendali su quelli di categoria. La protervia del Governo Valls, oltre che favorire l'ulteriore attacco padronale, ha avuto dei costi anche sul piano politico determinando una forte divisione nello stesso Partito Socialista, contribuendo così ad aprire la strada ad una prossima vittoria elettorale della destra. Una destra che esce rafforzata e ringalluzzita da questa vicenda in cui ha giocato su due piani, da una parte accusando il governo di portare avanti provvedimenti impopolari e dall'altra sostenendo nei fatti la controriforma del lavoro. La risposta all'approvazione della legge da parte delle organizzazioni che hanno animato questi mesi di lotta non si è fatta attendere. Venerdì 8 luglio le organizzazioni sindacali e della gioventù (CGT, FO, FSU, Solidaires, UNEF, UNL, FIDL), preso atto del nuovo ricorso all'articolo 49.3 da parte del governo, nonostante il sostegno della maggioranza della popolazione alle ragioni dei salariati, dei disoccupati, degli studenti, hanno denunciato la manovra politica e le condizioni repressive che hanno limitato ed impedito di manifestare liberamente. Le stesse organizzazioni hanno indetto una giornata di azione e di iniziative per il 15 settembre per ottenere l'abrogazione della “Loi Travail” e conquistare nuove garanzie sociali. Ma la mobilitazione non si è fermata neppure in questi giorni; ad esempio il 12 luglio, durante l'inaugurazione del nuovo Palazzo di Giustizia nella città di Bourg en Bresse (Alvernia), il Presidente Hollande è stato “accolto” da una manifestazione organizzata da CGT e FO.

La lotta contro la legge presentata dal Ministro del Lavoro Myriam El Khomri, il cosiddetto “Jobs Act” francese, è stata quindi lunga ed intensa anche se al momento non è riuscita nell'intento di farla ritirare ed ha prodotto solo delle modifiche al testo iniziale. Una lotta che si è svolta in una situazione di grande difficoltà e che ha dovuto confrontarsi sia con la repressione del Governo Valls– attraverso i pestaggi della polizia, gli arresti, le condanne per direttissima - sia con le limitazioni a manifestare poste dal vigente stato di emergenza per il paventato pericolo di attacchi terroristici durante lo svolgimento dei Campionati europei di calcio. La mobilitazione, che come abbiamo visto non è da considerarsi terminata, ha tenuto insieme un fronte sociale disgregato dalle ristrutturazioni del ciclo produttivo, contribuendo tra l'altro a sviluppare quella solidarietà di classe che resta l'unico antidoto al veleno dei fondamentalismi, dei nazionalismi, dei particolarismi. La situazione, dopo l'approvazione della legge, si presenta sicuramente più difficile ma la classe lavoratrice in Francia ha dimostrato più di una volta di avere una grande determinazione nel portare avanti le proprie ragioni. Ragioni che vanno ben oltre la classe lavoratrice di quel paese perché questa legge, che aumenta lo sfruttamento attraverso il ricatto occupazionale, fa parte dell'attacco che il capitale ha sferrato contro i diritti dei lavoratori in tutta Europa. Per questo sarebbe stato ancora più necessario, recuperando una visione internazionalista, aiutare concretamente la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori francesi; cosa che i sindacati europei, al di là di alcune dichiarazioni di generica solidarietà, non hanno fatto. Ma, nonostante tutto, non è troppo tardi perché .... la lutte continue !

Un enragé

Note

1)Difesa Sindacale n. 35 - “Francia: continua la lotta contro la nuova legge sul lavoro”.

    2)CGT (Confederation General du Travail): il più antico e rappresentativo sindacato francese fondato nel 1895. Nel 1906 promuove la “Carta di Amiens” che nasce dall'incontro delle idee anarchiche e l'esperienza dell'azione professionale. Successivamente cade sotto il controllo del Partito Socialista e poi del Partito Comunista Francese.

FO (Force Ouvriere): sindacato confederale nato nel 1947 dalla scissione nella CGT da parte dei socialisti. Presente in tutti i settori produttivi.

FSU: il più rappresentativo sindacato degli insegnanti, dell'educazione, della cultura.

Solidaires: unione di sindacati, nata nel 1981, presente soprattutto nei settori del pubblico impiego, dei servizi, dei trasporti.

UNEF: la più rappresentativa organizzazione studentesca francese.

UNL: unione nazionale dei liceali.

FIDL: organizzazione di studenti.

3)CFDT (Confédération Francaise Démocratique du Travail): assieme alla CGT è il sindacato maggiormente rappresentativo. Costituitasi nel 1964, si accosta nel 1968 a tematiche autogestionarie. Finita successivamente nell'orbita socialista si è sempre più spostata su posizioni moderate e subalterne.



Livorno: l'intervento di una delegata della Provincia all'assemblea aperta

indetta da “Democrazia e Lavoro”

Il 12 maggio scorso si è tenuta, presso la Camera del Lavoro di Livorno, una assemblea aperta indetta dall'area programmatica “Democrazia e Lavoro” a cui hanno partecipato lavoratori e lavoratrici di tutte le categorie. Pubblichiamo l'intervento di una compagna della Funzione Pubblica, che ringraziamo per la sua disponibilità, che mette in luce le problematiche di un settore – quello delle province – dai più ignorato e/o dimenticato.

(Difesa Sindacale)

Ringrazio i compagni e le compagne di Democrazia e Lavoro che hanno dato vita a Livorno ad una nuova sensibilità, che hanno creduto di dover agire ripartendo dal basso, che hanno dato voce a un pensiero critico che vede nell'azione della CGIL, in questi anni di profonda crisi, troppo debolezza. E rivendicano attenzione, interventi di carattere straordinario di fronte ad una situazione di emergenza. Una situazione che ci vede da troppi anni annientati sotto gli effetti della crisi economica e delle scelte adottate, che hanno prodotto solo disoccupazione, riduzione salariale, peggioramento delle condizioni di lavoro e un progressivo smantellamento dello stato sociale costruito a sostegno delle nostre esistenze. Ripartiamo dal basso, ripartiamo con ricostruire livelli di consapevolezza e conflitto sociale per trovare risposte a chi non ha lavoro, a chi lo ha perso e a chi rischia di perderlo o di vedere ridotti i propri diritti. Ripartiamo anche dalla solidarietà e dall'unità delle lotte (è del febbraio 2009 lo sciopero di FP e FIOM ha difesa del proprio salario: un ricordo lontano). In questi anni sono stati costruiti steccati, divisioni costruite ad arte, tra il mondo del lavoro pubblico e privato, forme di diffidenza e indifferenza, che hanno cristallizzato i lavoratori e le lavoratrici del settore pubblico come garantiti e privilegiati. Sono una lavoratrice della Provincia e ho vissuto la distruzione di una parte del sistema pubblico, nel più totale silenzio e nella menzogna. Anche le OO.SS, con il protocollo di Genova firmato con Confindustria nel gennaio 2014, hanno avallato il superamento delle Province senza preoccuparsi della concreta possibilità di continuare a garantire i servizi e i posti di lavoro. Ora è il disastro. Prima hanno tagliato le risorse trasferite dal governo, poi il prelievo forzoso (restituzione di risorse 1 mld 2015, 2 mld 2016 e 3 mld 2017) imposto dalle ultime finanziarie; il rischio, a questo punto, è l'impossibilità di far funzionare i servizi e poi il blocco e/o, se esiste un interesse, privatizzare. Sarebbe opportuno, e lancio una proposta all'assemblea, un confronto, un'iniziativa come questa sul lavoro pubblico, sul suo significato e su cosa è diventato, o meglio lo hanno fatto diventare. E sulla possibilità che il lavoro pubblico diventi una risorsa, non è vero che non c'è lavoro, ci sarebbe tanto bisogno di lavoro nel settore pubblico. Sono argomenti che ci riguardano tutt* e tutt* ne siamo coinvolti. Cosa è stato fatto per contrastare la politica nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici del Pubblico Impiego? Al di là dello schieramento politico al governo il disegno era sempre lo stesso: riduzione del salario. Sono 7 anni che siamo senza contratto, gli effetti si calcolano in miliardi di minor spesa per lo stato (tra il 2011 ed il 2014 il “risparmio” è stato di circa 7 miliardi), un risparmio tutto sulle nostre spalle che, trattandosi di lavoro pubblico, si traduce inevitabilmente in una riduzione del servizio pubblico, con spostamenti a favore di servizi gestiti da privati o ecclesiastici, con tagli che riducono la qualità e perfino la fruibilità dei servizi offerti alla cittadinanza. La cosidetta Riforma Brunetta del 2009 ha imposto per legge un articolato normativo che ha drasticamente ridotto la contrattazione decentrata: riducendo le risorse economiche destinate a finanziarie il salario accessorio, azzerando il ruolo sindacale che viene solo informato per le materie che riguardano l'organizzazione del lavoro e invocando la meritocrazia (distorta conseguenza del merito, parola usata dai governi solo per far passare riforme di razionalizzazione del settore pubblico, ovvero di tagli), sono state inserite regole e obblighi che creano solo divisioni improduttive sul lavoro, che burocratizzano il sistema, anziché renderlo efficiente e efficace come falsamente sostenuto.

I risultati sono una riduzione del salario ed il peggioramento delle condizioni di lavoro anche in termini assoluti, oltre a una diminuzione in termini reali. Inoltre, con il blocco delle assunzioni, confermato di anno in anno, si è ridotto il numero di personale e nel corso degli anni non si è fatto niente per risolvere il problema della crescente precarietà. In Provincia, al servizio del centro impiego, che dovrebbe essere considerato strategico in momenti di crisi, la maggior parte del personale è precario con contratti a tempo determinato rinnovati annualmente e, oggi più che prima, a seguito del riordino delle province e alla “sospesa” attesa della decisione del governo di gestione di questi servizi, per questo personale ci sono forti incertezze per il loro futuro e, intanto, alcune lavoratrici non hanno avuto il contratto rinnovato. A fine 2015 l'80% delle Province hanno sforato il patto di stabilità con pesanti ripercussioni sul salario accessorio del personale e con il serio rischio di non garantire i servizi fondamentali: la viabilità, la manutenzione degli edifici scolastici degli istituti di secondo grado, la tutela dell'ambiente (compresa la vigilanza sul territorio), la pianificazione territoriale e urbanistica e, ultima sempre in elenco e tal volta persino dimenticata, le discriminazioni sul lavoro e le pari opportunità. Per difficoltà economiche due Province, Vibo Valenzia e Crotone, da mesi non pagano gli stipendi al personale. Questa è la riforma della Pubblica Amministrazione: la volontà unanime dei vari governi succeduti è stata quella di ridurre il salario, peggiorare le condizioni di lavoro, aumentare la burocrazia spacciandole per riforme migliorative del settore, e la campagna contro i fannulloni è stata usata ad arte per giustificare un disegno politico che ci vede tutti quanti vittime di questo sistema. La famosa lettera della BCE dell'agosto 2011, che Berlusconi si fece inviare per giustificare le pesanti misure di austerità che si sarebbero riversate sul sistema pubblico e prontamente accolta e recepita dal governo Monti e da quelli successivi, Letta e Renzi, detta la lezione da seguire: privatizzazioni su larga scala, riduzione del ruolo dei servizi pubblici, a iniziare dalle Province, fine del contratto nazionale a favore del contratto aziendale, rendere i licenziamenti più facili. E ancora: nuove norme sul mercato del lavoro con riduzione dei diritti, modifica del sistema previdenziale con l’allungamento della vita lavorativa e riduzione dell’assegno pensionistico. Imponendo di ridurre il perimetro di intervento di tutto ciò che è pubblico, dettando il cambio della Costituzione sulle regole di bilancio. E se non avessero capito indica anche lo strumento giuridico da utilizzare... il Decreto legge! Dobbiamo invertire la rotta, quante volte lo abbiamo detto; sono vent'anni che faccio attività come delegata rsu e mi rendo conto che il nostro ruolo rischia di esaurirsi, non riesce a incidere, siamo impotenti, frantumati... non abbiamo mezzi e strumenti per intervenire. Anni di arretramenti, di mediazioni al ribasso, di pratiche legate alla concertazione, hanno tolto all'immaginario collettivo l'idea di poter agire nel senso di organizzare e dirigere un conflitto nei posti di lavoro, così come nella società tutta. La base, i lavoratori e le lavoratrici, che dovrebbero essere la forza di un agire collettivo sono i primi ad essere divisi fra loro, spesso attenti a rivendicazioni individuali piuttosto che a diritti collettivi, hanno perso fiducia nelle strutture sindacali di riferimento, hanno perso fiducia nel pensiero critico, nella capacità di mettere in discussione la rappresentazione della realtà sociale propinata dal sistema politico, dalla finanza e dai dottori dell'economia …. Anche nella stessa CGIL si è persa se non addirittura osteggiata la necessità di un pensiero critico, al di là delle parole dette e scritte nei fatti il pensiero dominante è interiorizzato: il primato dell'economia come motore della storia, il primato del capitale nella struttura dell'economia, il primato del mercato e l'imperativo delle compatibilità economiche. Non c'è volontà di contrastare. L'esito di una ricerca condotta da Demos coop sul sindacato italiano registra dati per il nostro sindacato che evidenziano un declino di credibilità e di fiducia inarrestabile. Nel 2004 il 30% della popolazione indicava la CGIL come primo soggetto per la difesa del mondo del lavoro; nel 2015 il dato si riduce al 16%, negli ultimi anni si è passati dal 37% al 24% del consenso generale. Un tale declino avrebbe dovuto portare a una riflessione sulle motivazioni, per avviare un cambiamento, a iniziare dai gruppi dirigenti a livello nazionale che chiaramente sono i primi responsabili, e rilanciare un processo di cambiamento delle politiche sindacali per costruire un consenso esteso, ramificato, che metta insieme precari, disoccupati, partite iva, dipendenti pubblici e privati, pensionati, per arginare un declino, per cambiare, per riuscire a gestire il presente e immaginare il futuro, per offrire al lavoro uno strumento nel quale riporre fiducia. Non possiamo pensare di delegare. Le soluzioni posso venire solo da noi, dal nostro protagonismo dalla nostra unita e lotta. Dobbiamo riuscire a creare, a partire dai posti di lavoro, una struttura coesa di presenza e di pressione che individui un obiettivo unificante per creare una mobilitazione generale. Dobbiamo fare pressione sulla struttura sindacale per avere l'appoggio organizzativo per creare una vertenza nazionale che unifichi le iniziative delle categorie e dei territori contro e politiche di austerità che lavoratori e lavoratrici pagano ogni giorno sulla propria pelle. Dobbiamo mettere in campo una nuova consapevolezza, se non vogliamo rimanere oppressi, non è possibile spostare i rapporti di forza a nostro favore se non ci sono culture, soggetti, con un progetto politico e sociale alternativo. Questa iniziativa pubblica deve diventare nel nostro territorio un volano, la CGIL deve riappropriarsi del proprio mestiere, deve impegnarsi a costruire una risposta adeguata, forte, a partire da vertenze unificanti. Non è facile, ne siamo consapevoli, ma non abbiamo alternative. Non si tratta di mantere la barra al centro ma di invertire decisamente la rotta.

Paola Ganni – Funzione Pubblica CGIL Delegata RSU Provincia di Livorno


IL DISASTRO FERROVIARIO IN PUGLIA:

UN'ALTRA STRAGE ANNUNCIATA

Il disastro ferroviario avvenuto il 12 luglio nello scontro tra due treni tra le stazioni di Andria e Corato sulla linea delle “Ferrovie del Nord Barese” gestita dalla “Ferrotramviaria Spa”, che ha causato 23 morti ed oltre cinquanta feriti, è un'altra strage annunciata di cui non sappiamo se mai saranno accertate le vere responsabilità.

Non parliamo solo della dinamica dei fatti, in parte già emersa e che deve essere ricostruita più esattamente, ma delle responsabilità politiche ed imprenditoriali di chi non è intervenuto in tempo utile per eliminare una situazione di potenziale pericolo che era sotto gli occhi di tutti gli addetti del settore.

Parlare di errore umano dei due Capistazione, tralasciando i ritardi di chi avrebbe dovuto interessarsi all'introduzione dei necessari sistemi di sicurezza, è certamente fuorviante e riduttivo. La presenza di un sistema di circolazione dei treni con il solo blocco telefonico, legato quindi solo a dispacci scambiati telefonicamente od al massimo con fax tra i Dirigenti Movimento delle due stazioni, combinandosi con una situazione di ritardi e di probabile accavallamento dei treni, tanto più su un tratto a binario unico, ha determinato le condizioni che hanno condotto al gravissimo incidente ferroviario.

Certo, qualcuno potrebbe obiettare, quante decine di migliaia di treni sono circolati su quella linea in questi anni con il sistema del blocco telefonico senza che niente accadesse ? E' vero, ma è bastata una sola volta, magari in presenza di fatti e di concause particolari, ed è accaduto il disastro. Bisogna allora allargare lo sguardo a chi ha continuato a far sì che sussistessero sistemi e condizioni di lavoro di altri tempi, a chi ha anteposto i propri interessi all'introduzione di sistemi di sicurezza che potevano e dovevano esserci anche senza attendere quel raddoppio dei binari atto al potenziamento della linea.

La strage del 12 luglio in Puglia è il prodotto della politica di abbandono della sicurezza, di un sistema che sceglie di destinare la maggior parte delle risorse all'Alta Velocità trascurando sempre più le linee utilizzate dai tanti pendolari. E' la stessa politica che perseguendo la liberalizzazione e la privatizzazione nel settore ferroviario, con i tagli del personale, la scarsa manutenzione, l'abbassamento delle norme di sicurezza, ha prodotto in questi anni quasi sessanta morti sul lavoro tra i ferrovieri e stragi come quella di Viareggio dove 32 persone sono morte mentre erano nelle loro case.

Parlare oggi, come fa il Governo Renzi, di privatizzazione delle Ferrovie dello Stato (o anche solo di Trenitalia), vuol dire proseguire nella strada della dismissione del trasporto regionale con cui si muovono milioni di pendolari, vuole dire abbandonare definitivamente ciò che resta nel settore del trasporto merci su rotaia, vuol dire abbassare ancora di più i livelli di sicurezza dei lavoratori e dei viaggiatori.

E' necessaria invece una inversione di tendenza aumentando gli investimenti nei treni, nel personale, nella sicurezza, riportando le ferrovie italiane ad un sistema unitario, perseguendo interessi sociali come quello di una mobilità sostenibile e diffusa sia per i viaggiatori che per le merci. Opporsi alla politica di privatizzazione del Governo Renzi, non con le parole ma con i fatti, deve essere un punto centrale dell'azione sindacale.

Mario Salvadori Comitato Direttivo CGIL Lucca

OBIETTIVO DEI PADRONI: CHIUDERE LA STORIA DEI CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI

IL ruolo dei contratti dei meccanici nelle relazioni sindacali e nell'azione stessa del sindacato, risulta storicamente fondamentale; così come oggi determina, in una fase di profonde trasformazioni del lavoro e di ristrutturazioni fatte senza la presenza di un ruolo attivo del sindacato, il modello delle relazioni stesse. La posta in gioco del rinnovo in corso, dopo 8 mesi di trattative, ruota attorno ad un punto ineludibile: quale modello contrattuale. La posizione dei padroni (FEDERMECCANICA),che ha ottenuto all'unanimità il sostegno di CONFINDUSTRIA, si concretizza nel blocco dei rinnovi di tutti CCNL scaduti, pubblici e scuola compresi; per loro non serve rinnovare i CCNL, ma definire prima il modello e poi si parlerà di contenuti della contrattazione. Questo posizionamento dei padroni ha costretto FIOM-FIM-UILM ad assumere una posizione unitaria, dopo aver presentato 3 piattaforme nell'autunno 2015, ad inizio 2016 hanno varato un'unica piattaforma. Stabilendo un percorso condiviso, democratico, di validazione della piattaforma e dell'ipotesi di accordo attraverso il pronunciamento dei lavoratori. L'assunzione di questa posizione si presentava non priva di rischi nel passaggio di condivisione dei lavoratori dopo anni di contratti separati firmati da FIM e UILM contro la FIOM. Sono quindi i padroni che superano gli accordi separati,che loro stessi hanno praticato e voluto, contratti separati che nel tempo hanno prodotto enorme danno ai lavoratori. La priorità unilaterale dei padroni è spostare sul contratto aziendale il baricentro contrattuale. Le assemblee dei delegati a livello regionale e quelle successive nelle aziende si sono svolte senza particolari contestazioni, il quadro attivo della FIOM si è trovato a dover condividere un' azione contrattuale con la FIM-CISL individuata come il soggetto attivo della sua esclusione in sede di contrattazione nazionale dal 2008 in poi, FIAT compresa. E' prevalso nel quadro attivo della FIOM e nei suoi iscritti il posizionamento unitario come unica azione oggi praticabile per tentare di fermare il dilagare dello strapotere dei padroni sia sulla contrattazione che nelle condizioni di lavoro. Le lotte sin qui svolte nei mesi di maggio, giugno, luglio a livello regionale e provinciale con scioperi e manifestazioni registrano una buona adesione e partecipazione. Si mette in evidenza come la FIOM dimostri una buona tenuta organizzativa. Oggi in termini sindacali si registra come i padroni passano "all'incasso" utilizzando come punto di questo attacco alla contrattazione, che viene da lontano, il contratto dei meccanici. La DESTRUTTURAZIONE della contrattazione si è svolta negli ultimi 15 anni con un'azione continua da parte padronale strettamente connessa ai processi di ristrutturazione del sistema produttivo e supportata dall'azione legislativa dello stato.

[Esemplare il contratto FIAT (2009) che elimina il CCNL e tutta la contrattazione precedente supportato dall'Art.8 di Sacconi che rende operative in termini legali le deroghe]. Ma la pratica di svuotamento progressivo del ruolo del CCNL come elemento fondante della solidarietà dell'unificazione salariale e normativa, dell'azione collettiva, dello stesso diritto di esprimere un' autonomia come classe lavoratrice, risiede nei processi di organizzazione e gestione delle imprese, inoltre si tratta di affermare il dominio, per i padroni, sulla prestazione lavorativa senza mediazioni o riconoscimento del ruolo della rappresentanza. IL baricentro della contrattazione viene spostato dentro l'impresa dove è facile comprenderne il carattere unilaterale di chi la controlla, l'indirizzo aziendale/corporativo che assume, legata alla condizione e agli obbiettivi aziendali. Se i padroni sostengono: eliminiamo i minimi tabellari,gli aumenti si possono decidere sul terreno del Welfare aziendale, nei premi variabili stabiliti in base ad obbiettivi fissati dalla stessa azienda e non eguali ma calibrati sulle diverse funzioni aziendali; affermano che tutto quello che attiene alla organizzazione del lavoro e di pertinenza aziendale; che gli stessi orari di lavoro sono decisi sul lavoro da svolgere e non sugli schemi dati di orari fissati e rigidi. IL tutto ci riporta al come si organizzano i rapporti fra le imprese, nel come si stanno organizzando, ed è lì che si sviluppa la connessione con la fine del ruolo del CCNL che i padroni stanno decretando. [Sul modo di organizzare il lavoro e la stessa organizzazione del lavoro, le forme basate sullo schema per obbiettivi e tutto quello che rappresenta, semplificando, l'applicazione del toyotismo comprensivo delle varianti e dei suoi adattamenti vari, col supporto dell'introduzione massiccia di tecnologia, digitalizzazione inclusa, risulta oggi applicabile in qualsiasi realtà lavorativa non solo in quelle produttive. Un punto viene evidenziato in questo nuovo contesto: NON E CONTEMPLATO ALCUN CONFLITTO o meglio la costruzione serve a questo scopo non può esistere il conflitto tra lavoro e capitale dentro l'impresa] Sul terreno del supporto dello stato al contratto aziendale come "modello"già sono in funzione: la detassazione, il WELFARE AZIENDALE comprensiva di sanità, previdenza, asili, abitazioni; ridotta al 10% la tassazione sugli straordinari i premi le liberalità varie e altro si potrà aggiungere su richiesta. Sindacalmente a fronte di oltre 10 milioni di lavoratori con contratti da rinnovare urge un'azione generale di lotta che unifichi tutte le categorie, azione che solo le confederazioni possono assumere. Sembra inevitabile percorrere la strada di un'azione generale. A quel punto si darebbe vita ad un tavolo di trattativa parallelo, in aggiunta ai tavoli esistenti di rinnovo dei vari contratti, composto da confindustria e confederazioni (verrebbe chiamato in causa anche il governo, che può utilizzare come forma il suo ruolo legislativo e di datore di lavoro) tavolo che assume un ruolo prioritario con l'obbiettivo di discutere e accordarsi sul "nuovo"modello delle relazioni e della contrattazione. Nell'area di vecchia industrializzazione USA/UE-UK non esiste il contratto nazionale, o meglio non esiste più, in Francia è stato recentemente cancellato con la legge del lavoro, risulta una scelta fondante quella della riduzione dei diritti, delle tutele e del ruolo contrattuale dei lavoratori perseguita dal capitale sul terreno quantomeno continentale alla quale finora è mancata una risposta adeguata allo stesso livello. Nell'elenco dei paesi che hanno eliminato il contratto nazionale manca solo l'Italia. La lotta dei Metalmeccanici è una lotta di resistenza che li vede protagonisti, deve essere sostenuta al pari delle lotte contro le chiusure aziendali, inoltre bisogna impegnarci per un'azione di lotta generale che coinvolga tutti i lavoratori.

Annibale Viappiani Alternativa Libertaria